“La ville de Naples”.
Xilografia (43,5×32,5) tratta da: Guillaume Guéroult “Illustrations de Epitome de la corographie d’Europe, illustré des pourtraictz des villes les plus renommées d’icelle“, Lyon 1553.
Biblioteca Nazionale di Francia.
Questa è la più antica veduta di Napoli dalla parte sud, subito fuori le mura.
In primo piano si notano le torri “Il Trono” e “la Brava”, facenti parte del complesso dello “Sperone” (in seguito denominato Castello del Carmine), uniche sopravvissute al giorno d’oggi dopo la demolizione del castello operata agli inizi del ‘900. Subito fuori le mura si nota lo sbocco del fossato che, correndo lungo le mura orientali, risaliva fino al vallone di Foria con funzione – oltre che difensiva – anche di raccolta delle acque piovane che dilavavano da Poggioreale e dai Vergini, andando a costituire il cosiddetto “lavinaio”.
Dietro la torre si intravede la vetta di un campanile, che potrebbe essere quello della Chiesa del Carmine nella adiacente area del “moricino” (Piazza Mercato).
Seguendo le mura lungo la spiaggia si arriva al Molo Piccolo e – superato l’arsenale – si prosegue verso il Molo Grande antistante il Castel Nuovo.
All’estremità sinistra è raffigurato il “Castel de Love” che ancora mostra l’arco in mattoni (che sostituiva un precedente arco naturale in tufo crollato a seguito del terremoto del 1370).
In cima al Monte Echia è ben visibile la fortezza di Pizzofalcone, che proprio in quegli anni veniva inglobata nel tessuto urbano a seguito dell’ampliamento delle mura.
L’immancabile Castel S.Elmo (qui chiamato “S. Martin”, probabilmente confondendo l’edificio militare con il sottostante monastero) sorveglia la città dall’alto della collina del Vomero.
Questa immagine è stata successivamente ripresa come base per numerose altre raffigurazioni di Napoli vista dalla parte sud-orientale (Du Pinet 1564, Pozzoserrato 1568, Ballino 1569, Bertelli 1579, Meisner 1623). Tuttavia, sebbene il volume da cui è tratta la tavola sia datato 1553, la mia impressione è che l’autore di questa xilografia abbia a sua volta attinto da una immagine preesistente, risalente all’epoca aragonese, e ancora non identificata o forse andata perduta.
Diversi sono gli elementi a supporto di questa tesi:
– Innanzitutto la prominenza delle torri rotonde in primo piano: sappiamo che nel 1512, a seguito di un’alluvione, l’angolo più a sud del Castello del Carmine fu riedificato in forma squadrata (ben visibile in tutte le planimetrie da Lafrery in poi e ancora nelle fotografie antecedenti al 1906).
– In secondo luogo mancano del tutto le mura a nord della città, e in particolare l’ampliamento che risaliva da Montesanto verso S.Elmo, riscendendo verso il mare al Chiatamone.
– Lo stesso Castel S.Elmo appare sotto forma di “maschio”, con sviluppo in verticale: si tratta ancora della antico forte del Belvedere, che sarà ampliato e trasformato nella possente fortezza che conosciamo a partire dal 1537.
– La mappa del Lafrery, di poco successiva (1566), mostra già un’ampia urbanizzazione nell’area di Pizzofalcone, mentre qui si notano solo due nuclei edificati, di cui quello più esterno potrebbe essere la fortezza aragonese di “Siti Perillos”.
– Infine la presenza del già citato arco di Castel dell’Ovo, che fu in realtà rimosso a seguito delle ristrutturazioni intervenute quasi immediatamente dopo la conquista da parte di Ferdinando il Cattolico nel 1503.
In conclusione credo si possa a buon diritto retrodatare questa immagine (o meglio il modello a cui si ispirò l’autore dell’incisione) di almeno 50 anni facendola così diventare a pieno titolo una rarissima veduta di Napoli in piena epoca aragonese!