Angiolillo Arcuccio, Resurrezione. (1485 circa).
Museo di San Martino, Napoli. (mappa)
La composizione, se in prima battuta offre allo spettatore la visione della figura maestosa del Cristo nel momento dell’ascesa in cielo (resa ancora più imponente di quanto non sia in realtà grazie allo sviluppo in verticale dell’opera), è in realtà costruita come una sequenza cinematografica in cui la successione diacronica degli eventi viene “fissata” nel momento della resurrezione, rendendo visibili con efficace effetto sinottico i momenti precedenti e successivi all’evento narrato.
In effetti, a dispetto dello “scompiglio” causato tra i soldati di guardia, il sepolcro è ancora chiuso (ma è questione di secondi ancora: l’angelo è già apparso); sullo sfondo si vede il sopraggiungere di Maria Maddalena, con Maria di Giacomo e Salomè che si recano al sepolcro all’alba della domenica, mentre sulla sinistra la Maddalena incontra Gesù già risorto, senza riconoscerlo (“noli me tangere”); sulla destra il Cristo scende nel Purgatorio per liberare le anime dei meritevoli, che – poco dopo e poco più in alto nel dipinto – ascendono al cielo.
Si tratta di un’opera tarda del pittore napoletano, che si era formato sugli esempi dei valenciani Baço e Rexach operanti alla corte aragonese, e che segna un ritorno alle influenze iberiche dopo il viraggio verso il più attuale stile fiammingo che aveva preso rapidamente piede nella capitale dopo l’arrivo di Alfonso d’Aragona.
Arcuccio fu attivo in tutta la provincia, ma in particolare a Napoli ebbe commissioni per le chiese di S.Maria la Nova, S.Domenico e San Lorenzo e lavorò ai decori di Castel Nuovo.
Non fu certo elemento di spicco del panorama artistico napoletano, tuttavia l’analisi delle opere rimaste (o attribuite) è di grande aiuto per comprendere meglio le influenze stilistiche che operarono nella capitale nella seconda metà del ‘400, grazie al mecenatismo regio.
A margine, si segnala che l’etichetta posta al fianco del dipinto (e all’adiacente “Natività” dello stesso autore e proveniente dal medesimo polittico) lo identifica come di “autore anonimo”…
Pingback:Angiolillo Arcuccio, I 5 martiri francescani – Napoli aragonese