I Carlini del perdono di Re Federico

Come noto, l’ultimo sovrano della dinastia aragonese di Napoli rimase sul trono soltanto pochi anni: ferito dal tradimento dello zio, il Re di Spagna Ferdinando il Cattolico, che tramava con Luigi XII di Francia per spartirsi il trono di Napoli (“Trattato di Grenada”, 1500), lasciò il regno a quest’ultimo ricevendone in cambio, oltre alla salvezza per i suoi uomini, la contea del Maine e un vitalizio che gli consentì di vivere gli ultimi anni in maniera agiata e tranquilla nella lontana Tours.
Sebbene la sua attività come regnante non sia stata particolarmente memorabile, la sua attività politico-diplomatica in gioventù fu significativa: ricordiamo come sia stata proprio la sua cattura da parte dei congiurati coalizzati intorno al Principe di Sanseverino a Salerno – dove era stato inviato come ambasciatore di pace da Re Ferrante – a dare il via alla reazione del sovrano e alla sconfitta dei baroni ribelli.
Le successive vicende storiche, con l’arrivo a Napoli  di Carlo VIII, favorito anche dall’attività dello stesso Sanseverino che nel frattempo si era rifugiato in Francia, convinsero Federico di quanto fosse fondamentale riguadagnare la fiducia dei Baroni del regno per riuscire a tenerlo unito e al sicuro dalle mire mai sopite dei francesi.

Questo preambolo storico ci porta a comprendere meglio il significato dell’iconografia presente sulla moneta d’argento del valore di un carlino fatta coniare dal Re nel 1497: come da tradizione consolidata oramai sin dai tempi di Ferrante, infatti, i sovrani aragonesi affidavano alle loro monete anche il compito di diffondere un messaggio politico.
Si veda, a tal proposito, quanto detto in merito al Ducato “Recordatus Misericordie Sue” o al Coronato “Iusta Tuenda” di Ferrante…

Carlino "Recedant Vetera" - Federico III di Aragona, 1497

Carlino “Recedant Vetera” – Federico III di Aragona, 1497

La moneta, di ottima lega d’argento e con un peso medio di 3,90 gr come i precedenti Carlini di Ferrante, presenta al dritto la classica effige del Re coronato e volto a destra, caratterizzato da una lunga capigliatura, e circondato dall’epigrafe + FEDERICVS : DEI : G : REX : SIC : HIER ; la lettera T indica che l’emissione fu battuta a Napoli e supervisionata dal Maestro di Zecca Gian Carlo Tramontano. Al rovescio troviamo l’innovativa immagine di un libro, con una rilegatura ben visibile ed una fibbia per chiusura,  avvolto dalle fiamme e con la scritta + RECEDANT : VETERA.

Le varianti principali al dritto riguardano principalmente la figura del Re, che può essere completamente inscritta in un cerchio perlinato (o del tutto mancante come nel mio esemplare) o fuoriuscirne verso il basso a interrompere la legenda (che in questo caso inizia in basso, a sinistra del busto), e le abbreviazioni del testo (SI o SIC; HIE, HIER, HIERV).
Al rovescio invece le differenze sono nel numero (da 5 a 12) e nella disposizione delle fiamme (che possono essere accompagnate anche da fino a 10 fiammelle), e nel testo che può riportare “RIECEDANT”, “REECEDANT” o anche “RECEDANITI”…
Nel complesso il Corpus Nummorum Italicorum ne elenca ben 38 varianti, mentre il Pannuti-Riccio le classifica in 3 gruppi principali, e sono da considerarsi “Rare” o “Rarissime” (varietà con il busto del re che interrompe la legenda).

Il motto RECEDANT VETERA (“svaniscano le antiche questioni”) –  un versetto tratto dal Primo libro dei re della Bibbia – associato al libro dei conti che brucia, appare come una promessa di perdono fatta dal Sovrano ai nemici del regno e un invito a dimenticare i vecchi contrasti in un momento di difficoltà in cui si profilava un gravissimo rischio per la sopravvivenza stessa del trono di Napoli.
Il povero sovrano mai avrebbe potuto immaginare che i rischi maggiori non sarebbero arrivati dai Baroni e dai loro alleati francesi quanto dall’infido parente, il potente sovrano “cattolico” di Spagna, che avrebbe annullato per oltre due secoli l’autonomia del più grande regno della penisola…

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Altre varietà del Carlino di Federico III

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