Le ultime monete d’oro battute nella zecca di Napoli con l’effige di un sovrano aragonese furono i ducati di Federico III.
Lo sfortunato re rimase sul trono soltanto 5 anni, e tuttavia la sua azione sulle finanze del regno fu piuttosto incisiva. Per quanto riguarda la monetazione si dette da fare per togliere dalla circolazione le monete di bassa lega battute durante la breve parentesi della dominazione francese e i numerosi falsi, sostituendoli con esemplari di nuovo conio.
Alla fine del regno, le monete ufficiali con l’immagine di Federico erano i cavalli, i doppi cavalli, i sestini, i doppi sestini (o grani), i mezzi carlini (o grossoni), i carlini e i ducati.
A differenza del suo predecessore Ferdinando II, che si era limitato in un primo tempo a far coniare delle monete d’oro di scarsa qualità identiche a quelle di Carlo VIII e poi a riproporre i ducati con l’effige di Alfonso II al diritto e aggiungendovi il proprio nome al rovescio, Federico ebbe tempo e modo di far battere dei bellissimi ducati, del giusto peso e di ottima lega e con un conio del tutto nuovo.
Il dritto di queste monete – secondo una tradizione oramai consolidata – riporta la sua effige coronata, con una caratteristica acconciatura che mostra lunghi capelli arricciati sulle spalle, e circondata dall’epigrafe “FEDERICUS DEI GRATIA REX SICILIAE HIERUSALEM”. Al rovescio, viceversa, troviamo una interessante novità: lo scudo con lo stemma del regno è sostituito dall’intero blasone araldico costituito dallo scudo “a targa” con le insegne, timbrato da un elmo coronato e dotato di svolazzi, sormontato da un cimiero a forma di drago con ali aperte. L’epigrafe sul bordo, richiama quella scelta a suo tempo da Ferdinando I per i suoi ducati d’oro: “CONFIRMATA EST SUPER NOS MISERICORDIA EIUS”.
Il peso delle monete varia tra i 3,44 ai 3,51gr gr per un diametro medio di 22mm. A causa della brevità del regno le emissioni di questi ducati non furono molte, per cui le varianti conosciute sono relativamente poche: il Corpus Nummorum Italicorum ne elenca solo 18, mentre il Pannuti-Riccio distingue soltanto 4 tipi differenti.
Oltre le abituali varianti nelle abbreviazioni delle epigrafi, le principali differenze consistono nel diverso profilo e dimensioni del ritratto del sovrano (in alcuni casi il busto interrompe la legenda in basso), nelle dimensioni e dettagli dello stemma (che può interrompere la leggenda solo in basso, o sia in basso che in alto) e nel punto in cui iniziano le epigrafi (“FEDERICUS” e “CONFIRMATA” possono trovarsi in alto a destra o in basso a sinistra, anche nella medesima moneta).
In tutte le varianti è presente la T del Mastro Zecchiere Giancarlo Tramontano.
Proprio per l’esiguità della emissione, queste monete sono considerate “rarissime” (R3) o addirittura “estremamente rare” (R4) quelle in cui il busto tocca il bordo in basso e la leggenda inizia a sinistra.
L’esemplare nella mia collezione (foto in alto) corrisponde alla 9 del CNI, mentre corrisponde alla 2 del Pannuti-Riccio al diritto e alla 4 al rovescio. La suo stato di conservazione è classificato come XF45 (ovvero, con il 95% dei dettagli del conio intatti), corrispondente ad uno “splendido” (SPL).
Per quanto riguarda il valore di questi ducati, coniati in una lega a 24 carati paragonabile a quella dei Fiorini di Firenze e degli Zecchini Veneziani, si conferma quanto già riferito per i ducati di Ferdinando I.
Nella immagine che segue, un breve collage che mostra alcune delle varianti principali (R4 le ultime due).