Il “Coronato dell’Angelo” è una bellissima moneta battuta sotto Ferdinando I a partire dal 1488 (ma alcuni autori ritengono sia possibile che alcune versioni fossero state già coniate intorno al 1472), così chiamata per la presenza sul rovescio dell’immagine dell’Arcangelo S.Michele che trafigge il drago, personificazione del Male e – secondo autorevoli punti di vista – metafora della vittoria conseguita da Ferrante sui baroni ribelli proprio in quell’anno.
I primi “coronati” di Re Ferrante furono coniati a partire dal 1459 proprio per celebrare l’incoronazione: questa prima versione, infatti riportava al rovescio la figura del Vescovo di Barletta nell’atto di incoronare il nuovo sovrano, con al fianco il cardinale Orsini, legato pontificio.
Secondo il Summonte, i nuovi coronati con l’effige dell’Arcangelo furono coniati con l’argento proveniente dalla statua di S.Michele Arcangelo, conservata nell’omonimo santuario sul Monte Gargano, a seguito della confisca del tesoro del santuario operata da Ferrante per evitare che finisse nelle mani del suo avversario Giovanni d’Angiò. In realtà tra la guerra contro il francese e l’emissione dei coronati dell’angelo passarono quasi 23 anni ed è improbabile che i due fatti siano collegati!
Bisogna invece ricordare come la figura di S.Michele fosse strettamente legata a quella di S.Giorgio, che da secoli era il protettore della casa d’Aragona: è alquanto naturale che, una volta che la dinastia si fu stabilita in Italia, il santo locale si sostituisse a quello originale e che la figura dell’angelo che sconfigge il male diventasse un potente simbolo della propaganda regia dopo la “mattanza” dei baroni.
Tra i motivi principali per l’emissione del nuovo coronato, inoltre, bisogna ricordare la “crisi monetaria” legata da una parte all’impoverimento della lega d’argento operata truffaldinamente da alcune zecche, e dall’altra alla sempre più diffusa e spudorata abitudine delle “tonsure” (il taglio della circonferenza esterna delle monete per ricavarne argento!) o a vere e proprie falsificazioni. Tanto che, a un certo punto, avvenne che in Puglia non venivano più accettate le monete battute nella zecca dell’Aquila e gli aquilani dovettero rimettere una supplica al sovrano perché ristabilisse il loro onore (e il valore delle loro monete!).
Ferrante corse quindi ai ripari decretando che tutte le monete che non avevano il peso previsto dovessero essere scambiate per il loro valore in argento e non più per quello nominale (“omne moneta de argento se spendesse ad peso per tucto el Regno et quella non fosse de piso se vendesse per argento ructo salvo la moneta forestera”).
Successivamente le norme si fecero ancora più stringenti, al punto che il peso di tutte le monete circolanti doveva essere verificato da funzionari regi e che quelle straniere potevano essere scambiate solo per l’equivalente del peso in argento.
Infine, il 21 Ottobre del 1488, Ferrante emanò un nuovo bando in cui “la prefata maestà ordina et comanda che da questa hora avante la moneta de argento de cugno de sua Maestà sia de piso de quattro tarpisi per vinti tornisi, lo coronato de piso quattro tarpisi et mezzo per xxij tornisi et lo coronato novo con la stampa de Sancto Michele del dicto piso et lega al dicto prezo de xxij tornisi: ordinando sua Maestà che in la zecca sua de Napoli solamente se habia ad bacter la moneta si como e consueto del piso et liga antiqua et non altrimente et che li coronati et carlini che saranno mino de dicto piso et liga se habiano ad vendere et comperare per argento rupto secondo la qualità che saranno…”
Le pene per i falsari e per chi non rispettava il bando erano decisamente severe: “et chi se vole contentare lo contrario incorra in la pena de mille ducati et confiscatione de tucti soi beni.”
Nel corso degli anni la moneta fu coniata in almeno 4 varianti principali, facilmente distinguibili guardando la figura dell’arcangelo:
– Nella prima appare ritratto di fronte, in posa piuttosto rilassata, lo scudo è rotondo (ma visto di profilo) e la lancia colpisce il drago nelle fauci rivolte verso l’alto.
– Nella seconda l’arcangelo è quasi di tre quarti, ha una posa più mossa e regge uno scudo rotondo.
– Nella terza l’arcangelo è nuovamente quasi di fronte, ma è più slanciato e regge la lancia con il braccio alzato; lo scudo è ovale con la croce.
– Nella quarta – la più bella e rara tra tutte – l’Arcangelo è molto più movimentato, la posa risulta più “aggressiva” e il drago mostra una testa dal profilo quasi umano e con le corna (più che un drago lo definirei una raffigurazione del demonio!).
Varianti minori riguardano l’estremità superiore della lancia che può terminare con dei cerchietti o una croce ed avere o meno la banderuola, la presenza di un’aquiletta sotto o di fianco allo scudo (per le monete coniate nella zecca dell’Aquila), l’aspetto dell’Arcangelo (che può avere o meno l’aureola o essere dotato di elmo e corazza) e la sua posizione (sul corpo del drago o su una base), e la forma del drago.
Naturalmente molte varianti esistono anche per il busto del re al diritto della moneta, ma va oltre lo scopo di questo articolo entrare nei dettagli!
In tutte le versioni al diritto vi è il busto del sovrano rivolto a destra, ma i suoi lineamenti e l’espressione variano; nella versione con il drago dal volto umano il ritratto si estende più in basso, fino al petto.
Dietro la nuca del sovrano può esservi la sigla dello zecchiere: T (per il Maestro Tramontano) e C, I o V (per zecchieri la cui identità è ancora incerta)
Per quanto riguarda le epigrafi, al diritto troviamo “FERDINANDUS DEI GRATIA REX SICILIE HIERUSALEM” o “FERRANDUS ARAGO REX SICILIE HIERUSALEM”, che – come sempre – figurano variamente abbreviate e/o con piccoli errori (ad es. FERANDUS, con una sola R, le A con o senza trattino orizzontale…).
Al rovescio, invece, vi è sempre riportato “IUSTA TUENDA” (“le cose giuste vanno difese”, con chiaro riferimento agli eventi che lo videro contrapposto ai baroni ribelli).
La moneta fu coniata dalle zecche di Napoli e dell’Aquila fino al 1494 e le varianti riportate dal Corpus Nummorum Italicorum sono ben 168.
Il diametro delle monete oscilla tra 25 e 27mm e il peso varia da 3,82 a 3,98gr. Il titolo nominale (la quantità di argento nella lega) è pari a 920 millesimi e il suo valore equivaleva a 22 Tornesi, quindi poco più di un carlino dell’epoca di Alfonso I, che aveva valore di 20 Tornesi.
Nella mia collezione ho una moneta del primo tipo (17b del Pannuti-Riccio) e una del terzo tipo (18b del Pannuti-Riccio). La prima è visibile nella foto in alto: l’Arcangelo appare più statico (la stessa tipologia appare nei coronati di Alfonso II); la figura è piuttosto consunta, ma i contorni e le scritte sono in ottimo stato, e anche il profilo del sovrano (variante con “rosetta” sulla spalla) è molto ben caratterizzato; è ben visibile anche la perlinatura dei profili in cui sono inscritte le epigrafi su entrambi i lati.
Nella seconda, nella foto in basso, è ben visibile l’aureola dell’Arcangelo il quale regge uno scudo ovale con la croce e calza una sorta di stivaletti con delle frange ben visibili all’altezza del ginocchio; il drago, a differenza delle altre varianti, ha la testa rivolta verso il basso. Qui il ritratto del sovrano, di età evidentemente più avanzata, è un vero capolavoro: a parte l’usura del tempo, la figura mostra un’acconciatura molto più definita con riccioli ben evidenti, un occhio molto realistico con delle evidenti “zampe di gallina” e le palpebre appesantite dall’età, il naso aquilino molto più definito e la “pappagorgia” ben evidente anche nei busti scolpiti che sono giunti fino a noi; non male, considerando che il tutto è racchiuso in uno spazio inferiore ai 2 centimetri!
Nella foto sottostante ho preparato un collage per illustrare meglio le quattro varianti principali che sono riuscito ad identificare: sono ben visibili le diverse pose dell’angelo, i due diversi tipi di scudo, le diverse tipologie di lancia (con croce o cerchietti, con o senza banderuola), le varie fattezze del drago e – nell’ultimo esemplare – la testa umana con le corna.
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